la mamma è memoria, vita e fiaba.
“Madre Sambuco” non è certo una delle fiabe più semplici di Andersen. Ha un ritmo lento, è ricca di particolari e e descrizioni degli avvenimenti vogliono svelare nelle piccole cose i segni dell’amore buono che perdura nelle difficoltà.
Eppure quando ho pensato ad una fiaba che raccontasse un aspetto dolce e saldo di una mamma non potevo chi rivolgermi a lui. Se da un lato la sua sensibilità subisce spesso il dramma degli avvenimenti dolorosi della sua vita, essa è anche la sua forza, nel cogliere la dolcezza e la grazia della vita, gustando una felicità profonda.
“Mi racconti una fiaba?”
Un bambino fradicio (e nessuno sa perchè) chiede a un amico di raccontargli una fiaba. Il vecchio chiede prima al bambino:
“Sì, ma tu puoi dirmi con precisione quanto è profondo il rigagnolo nella via che prendi per andare a scuola? é molto importante che io lo sappia prima di raccontare!“
“Giusto giusto fino a metà stivaletto!” disse il ragazzo “però nei punti dove è più profondo!”
Già questa prima parte ci mostra come per saper qualcosa da un bambino occorre coinvolgersi nel suo modo di vivere l’avventura di un rigagnolo d’acqua. Mi ricorda un pò quando dissi a mio figlio prossimo a una pozza enorme lungo il marciapiede “attento alla pozzanghera!” e vederlo fermarsi per spiccare un prodigioso salto proprio nel punto più profondo. La sua soddisfazione non incontrò il mio supporto ed io capii che avevamo due orizzonti diversi rispetto alla medesima pozzanghera.
Questo bambino esordisce poi con una frase molto bella (e molto Anderseniana) detta proprio dalla sua mamma:
“La mamma dice sempre che quel che tu guardi può diventare una fiaba, e da quel che tu tocchi puoi tirar fuori una storia”
Così il vecchio comincia a raccontare e dalla teiera, timidi, emergono dei ramoscelli di Sambuco che ospitano una donna, Madre Sambuco. Ella diventa personaggio mediatore e narratore delle vicende d’amore degli anziani che le si apprestano, per i quali è memoria e testimone dell’amore buono che è cresciuto nell’attesa, che ha superato le distanze e le avversità e che è stato nutrito dal cuore e dal profumo dei suoi fiori. Fiaba e vita si intrecciano, in racconto che svela la verità della fiaba come verità di bene della vita. Il bambino scopre i piccoli segni che raccontano di un amore vero, che chiede impegno e fedeltà, ma che porta anche respiro nella solitudine e con l’attesa non muore, ma viene tenuto in vita dallo sguardo che lo ricerca e dall’attesa di quei passi fuori dall’uscio.

Due madri vivono in questa fiaba, Madre Sambuco è memoria di bene, anche dove noi dimentichiamo, lei resta salda nella memoria della gioia che il buon amore costruisce. Cosi anche noi, semplici madri affannate nella vita quotidiana possiamo guardare questo bene che attraverso le vite dei nostri bambini, che seppur piccoli nelle loro gioie, vivono l’avventura di un amore grande. La memoria di una sfida superata, la memoria di un’amicizia che va coltivata, la memoria di un dolore da consolare sostengono la fiducia nel tempo e nel bene.
“Com’era bello!” disse il bambino, “Mamma io sono stato nei paesi caldi!”
“Lo credo senz’altro!” disse la madre
Ella ci crede, valorizza il viaggio della fiaba del bambino come vero. Perchè la verità richiama il senso delle cose che esistono, cui la fiaba fa da rimando. Lei che è la mamma della realtà, fa da ponte tra fiaba e vita, testimone del grande potere pedagogico della fiaba.
” e dov’è Madre Sambuco?” chiese il ragazzo.
“é sulla teiera! disse la madre. “E ci rimanga pure!”
Inoltre riconosce la verità della fiaba raccontata, confermando il bambino in quello che lui sente vero per sè, non per perpetuare una fantasia, ma perchè condivide il desiderio del bambino che Madre Sambuco sia nella loro vita, presenza e memoria dell’amore che li lega, che lega ogni madre al proprio bambino.
Perchè se Madre Sambuco abita la loro casa, significa che un grande amore si sta costruendo anche lì. Il loro.