Felicità, verità e fiaba.

Questa chiusura alla fine della maggior parte delle fiabe a volte genera una sorta di ribellione, riportando al fatto che l’avvenimento di un matrimonio non necessariamente porta una felicità e a una contentezza eterna. L’incontro tra un principe e una principessa all’interno della fiaba è l’incontro tra due diversità e due persone che scoprono che il proprio destino di uomo e di donna passa attraverso un legame. Il destino che la fiaba propone è la vera conoscenza di sé, non la propria affermazione.
Qual è la differenza tra queste due cose?
Quando nasciamo, quando cresciamo non sempre siamo consci delle nostre potenzialità e queste emergono nel momento in cui siamo posti di fronte alle sfide della vita. Più volte ho detto che la fiaba comincia con un desiderio e di come questo cambia nel corso della storia, il desiderio stesso si trasforma, il protagonista cambia e cresce e scopre anche desideri nuovi, diversi dentro di sè.
Ecco, nel corso del viaggio nell’altrove della fiaba avviene tutto questo, prima di tutto un cambiamento non solo in se stessi, ma anche nei propri desideri. Se leggete con attenzione vi accorgerete che nessun protagonista è mai totalmente solo. Ogni scoperta, ogni sfida superata, avviene grazie all’aiuto e alla compagnia di un amico prezioso, che accompagna la persona verso il proprio destino.

Nelle fiabe l’affermazione di sé è esclusa durante tutto il viaggio, perché il protagonista non desidera imporsi alla realtà, ma scoprire se stesso attraverso la realtà. Chi da solo vuole imporre la propria pretesa spesso fa i conti con una realtà che lo sconfigge e che appare molto più misericordiosa di quanto non lo sia egli con se stesso e con gli altri.
Un esempio è la matrigna di famosa fiaba che vuole perseguire il proprio obiettivo di madre di una futura regina e sacrifica tutto di sé e delle sue figlie per questo. Il principe chiese proprio lei di quale pena doveva servirsi per punire i traditori, perché egli non sarebbe mai stato in grado di pensarla. La matrigna desiderava chiudere i traditori dentro una botte piena di lame taglienti e far rotolare questa botte giù da una collina. Sarà ella a decidere della propria sorte, fino alla fine.
Alla fiaba però non basta che il protagonista scopra se stesso, non basta lasciarci quest’unica ipotesi per il nostro viaggio, vuole ricordarci che al culmine di ogni desiderio con cui decidiamo di partire c’è una promessa di felicità che ci aspetta.
La fiaba ci vuole ricordare che il desiderio più grande che sottende qualunque desiderio o necessità che ci fa partire è la promessa per la nostra felicità eterna.
Non c’è felicità che non possa essere condivisa. Questa felicità non ce la diamo da soli, bensì è esito di un legame d’amore, di un amore vero, di un amore che grida all’eternità e proprio per questo è sacro.
E quale segno di amore può rispecchiare queste caratteristiche? Il matrimonio.
Non che il matrimonio necessariamente faccia la felicità o porti alla felicità eterna, un’interpretazione del genere sarebbe assolutamente semplicistica. Il matrimonio nella fiaba può essere segno che per scoprire sempre di più noi stessi e per compiere un viaggio che porti alla felicità, abbiamo bisogno di avere attorno legami di amore veri, che guardino alla nostra felicità e che per questo siano sacri.
Perché la felicità piena ha a che fare con qualcosa di infinito che trascende la vita stessa e per questo il legame diventa sacro, donato e riconosciuto, sancito e confermato da un’altra persona che è simbolo di questo legame tra sacro e umano, tra trascendente e realtà.
Sta a noi riconoscere questi legami che sanno di felicità, questi legami che non hanno paura di guardare al male quando accade senza la necessità di risolverlo nell’immediato, ma che sanno farsi compagni di un viaggio che vuole superare questo male e se non puoi vincerlo nelle conseguenze, vincerlo almeno in ultimo, con una felicità che sia più forte del male stesso.
La felicità di un amore e di un’amicizia donata.