perchè raccontare il male?
Seguendo il discorso sulla paura che la festività di Halloween ha fatto scaturire, sono andata a rivedere quelle fiabe che effettivamente fanno paura ai bambini, ma più spesso agli adulti.
Molte volte ci si trova a non voler leggere o raccontare certe storie per paura di spaventare e intimorire i bambini. Si evitano i cattivi o si tende a giustificarli nelle loro azioni come se non fossero condannabili del tutto, ma si possa sempre accettare un gesto estremo che provoca danni a sè o agli altri.
In questa necessità di “salvare capra e cavoli” evitiamo al bambino lo scontro con le conseguenze che il male comporta.

Il male esiste. I malvagi o comunque persone che scelgono di operare il male esistono. La fiaba non ha paura di raccontarlo affinché sia possibile riconoscerlo e affrontarlo. Infatti di fronte al male ci sono solo due scelte: fuggire ed evitarlo o stare e affrontarlo.
“Gli opposti caratteri vengono affiancati non allo scopo di mettere in risalto il giusto comportamento [ma perché ciò] permette al bambino di comprendere facilmente la differenza delle due cose”.
B. Bettlheim “Il Mondo Incantato”
La nostra responsabilità educativa sta nel leggere ai bambini non storie dove il male viene addolcito, ma storie in cui viene riconosciuto, affrontato e sconfitto. Il gesto di cura importante guarda non ad eliminare il male, ma ad esporre gradualmente il bambino a ciò che può affrontare nel corso della storia e accompagnarlo offrendo la nostra presenza e dialogo.
La storia infatti narra dentro uno spazio limitato, dandoci la certezza di un finale che salva tutto.
È importante vivere la paura (nell’attenzione alla sensibilità del bambino) perché è solo attraversandola che si può conoscere il proprio coraggio, le proprie possibilità e talenti, scoprendosi capaci nel portare il bene a compimento. Per questo conoscere il male, nelle sue sfaccettature e scelte, dona al bambino l’aspettativa di una conseguenza certa che non lo porterà a un bene per sé, ma a un danno, fino all’annientamento di sé (la morte).




“Cattivi come noi”, di Clotilde Perrini, editrice Franco Cosimo Panini
Se l’adulto teme così tanto il confronto con il male e ciò che la fiaba racconta fa tremare, occorre approfondire per sé che rapporto si vive con la paura e con il male quando lo si incontra, accogliendo l’emozione che scaturisce.
Ogni storia descrive l’affrontare il male come una scelta che si opera per una fiducia nel bene che già in parte si è rivelato, i protagonisti delle storie incontrano chi li sostiene nelle scelte, chi li accompagna dando a noi adulti l’indicazione di come possiamo supportare il bambino nel momento della paura e non come evitargliela.
Perché il coraggio esiste nell’affrontare la paura che ci prende, facendosi accompagnare da chi vuole il nostro bene, il nostro compimento. Senza una vera coscienza della paura, non c’è la possibilità di conoscere il coraggio.
Raccontiamo allora ai bambini storie di paura e coraggio, storie dove possano conoscere il male perché certi di non essere soli ad affrontarlo e riconoscere nella realtà gli elementi e le persone che possono essere loro compagni di viaggio.
Perché se l’eroe conosce le leggi e le menzogne del male, conosce anche l’irrefrenabile potenza del bene. E se il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, sappiamo anche che tutti i nodi vengono al pettine e che la verità esiste, ed alla fine illumina tutto, svelando ogni inganno. E questo è sempre un bene. È una certezza. Per ognuno di noi.