Meravigliosa magia: quando lo straordinario diventa compagno di viaggio.

Ora avvenne che un povero soldato, che era stato ferito e non poteva più prestar servizio, si trovò sulla strada che menava alla città dove abitava il re. Lì incontrò una vecchia che gli chiese dove andasse. “Non lo so bene neanch’io” rispose il soldato, “ma mi piacerebbe diventar re e scoprire dove le principesse consumino le scarpe.” “Non è poi così difficile” disse la vecchia, “non bere il vino che ti portano la sera, e fingi di essere profondamente addormentato.” Poi gli diede una mantellina e disse: “Quando l’avrai addosso, sarai invisibile, e così potrai seguire furtivamente le dodici fanciulle”. Dopo aver ricevuto questo buon consiglio, il soldato prese la cosa sul serio; si fece coraggio, andò dal re e si presentò come pretendente.

di Brigette Barrager, Gallucci Editore

La fantasia e l’incantesimo sono la meravigliosa magia che popola il mondo delle fiabe. Questo tipo di magia va a stimolare la fantasia, come qualcosa che prima non c’era e adesso c’è, anche se irrealizzabile,[1] dove accade anche l’impossibile!

Gli avvenimenti e gli incontri che culminano in magia o oggetti magici dati al protagonista risultano essere essenziali per la riuscita dell’impresa, per poi scomparire o cambiarne l’uso.

La magia accade per il protagonista, per accompagnarlo nella sua crescita.

Nasce una speranza che è l’attenzione rivolta ai doni che la vita ti riserva per scoprire fino in fondo chi sei e qual è il tuo destino. Il magico collabora a questa scoperta, senza sostituirsi con giochi di prestigio al cammino, ma accompagnando, per poi scomparire nel momento in cui ha raggiunto lo scopo.

Vediamo quindi che questa ridondanza di bellezza impossibile, ci rieduca alla dimensione del possibile, al desiderare in questo mondo, ci ricorda che noi desideriamo qui e adesso ciò che ci pare il più impossibile per noi: la felicità.

Diversa è la magia del mago che è di tutt’altro affare.

“Non è un’arte, ma una tecnica;

aspira al potere in questo mondo, al dominio di cose e volontà.”

J.R.R.Tolkien

La magia delle bacchette magiche che gode nello spostare oggetti, cambiare situazioni, “sistemare” i problemi, fa leva sulla nostra necessità di controllo della vita. Pensiamo nella nostra quotidianità a quante volte vorremmo con un colpo di bacchetta cambiare le cose, e sistemare tutto.

Non c’è più spazio per l’imprevisto, per ciò che è regalato, tutto è sotto un controllo che disfa e crea, al servizio della nostra volontà. Si allontana dalla coscienza la consapevolezza che il nostro reale desiderio non è il controllo, ma essere felici, trovare il nostro destino.

Con ciò non si vuole escludere la presenza di oggetti magici che nelle fiabe intervengono a “facilitare” l’eroe, ma occorre accorgersi di tre cose:

  1. È un oggetto magico dato all’eroe;
  2. È temporaneo e legato al facilitargli la comprensione o la soluzione di una situazione non affrontabile da solo;
  3. Una volta raggiunto lo scopo di realizzazione del protagonista, l’oggetto scompare o nel caso permanga, mantiene il suo scopo di bene.

È un oggetto magico che si inserisce nella storia come aiuto al protagonista senza dargli l’illusione di poter intervenire a suo piacimento nelle leggi di Feeria, il mondo delle fiabe.

La magia del mago, con la sua tecnica, si offre come espediente per intervenire nella realtà e cambiarla a suo piacimento, sottostando a regole che però possono essere cambiate attraverso piccoli espedienti. La reale differenza tra le due, tra la meravigliosa-magia e la magia-tecnica è che la prima, a ritorno nel nostro mondo, non ci fa sentire mancanti di nulla, anzi è come se ci avesse “riempito” di una certezza di bontà in più, “non siamo soli, nel momento del bisogno, qualcuno si occuperà di noi”.

La seconda invece, ci fa apparire la nostra realtà come mancante, non soddisfacente, come se senza quella bacchetta magica che risolve tutto, non ci fosse più nulla per noi.

È un attimo, una sensazione, a cui possiamo dar voce o che possiamo censurare.


[1] Bruno Munari, FANTASIA, Editori Laterza Bari 2010,p. 9