Il principe che sposò una rana

“Se non m’ama m’amerà quando bella mi vedrà”

Italo Calvino nel 1956 per la casa editrice Einaudi curò l’edizione delle fiabe italiane, girando l’Italia per ascoltare da masche, balie e cantastorie le fiabe della nostra tradizione. Un lavoro simile fu introdotto da Collodi che si curò di tradurre le fiabe francesi di Perrault per la casa editrice Paggi, egli tradusse pure “la Bella e la Bestia” di Gabrielle-Suzanne Barbot de Villeneuve, anch’essa francese.

Ma torniamo in Italia. Tra le fiabe della raccolta, ne ho scelta una che si intitola “Il principe che sposò la rana” del Monferrato. Di principi ranocchi ne conosciamo diversi, ma di principesse rane è cosa assai rara sentir parlare. Ora accade, come in diverse fiabe, che si disputi una gara tra tre fratelli eredi al trono per l’eredità del regno. Ma la gara verrà disputata dalle future spose, decise” sulla base di dove un sasso lanciato con una fionda cadrà. Il primo viene condotto da una fornaia, il secondo da una tessitrice, al terzo il sasso cade in un fosso. E lì, l’unica cosa che trova è una rana.

“Rana Rana”

“Chi mi chiama?”

“L’amor tuo che poco t’ama”

“Se non m’ama mi amerà quando bella mi vedrà!”

Con questa breve strofa si apriranno i dialoghi tra il principe (l’amor tuo) e la rana, ogni qual volta il giovane porterà alla piccola creatura la prova da affrontare. E la rana le vincerà tutte.

A questo punto il principe porta avanti la promessa del destino e “l’amor tuo che poco t’ama” resta fedele anche se ama poco, mentre la rana si agghinda per l’evento certa che “se non m’ama m’amerà quando bella mi vedrà”. E un pò quest’ultima frase potrebbe svelare il miracolo che può accadere, ma il principe non se ne avvede e neppure noi, finchè non giungiamo alla fine.

La rana si presenta su una carrozza trainata da lumache, che tanto son lente che il principe si addormenta ed ella si trasforma in una bellissima principessa. L’incanto è sciolto, dalla promessa di un principe che davvero è disposto a sposare una rana.

La speranza e la pazienza dell’attendere l’amato che ancora non è pronto ad amare e la fiducia di questi nella bontà del destino al punto da rimanere fedele alla promessa di matrimonio fino in fondo, ricompenseranno entrambi, donandogli un nuovo rapporto in cui entrambi potranno ammirare la bellezza l’uno dell’altro. Come re e regina.

Stupisce infatti la rana, nel suo gracidare, docile nell’attesa dello sguardo del giovane principe e puntuale nello svolgere le prove. Nulla viene sprecato dell’occasione che le si presenta e la fiducia nel destino si muta in tenera fede nell’amore che le è promesso. Più del regno l’amore. E forse proprio per questo avrà entrambi.

Il principe da parte sua, nonostante la giovine età, è anch’egli federe, per quanto ricco di sconforto, nell’accettare le sfide e nella sua sincerità, non lascia la rana neppure nel momento in cui gli si figura una vita accompagnata a una creatura parlante piuttosto che ad una bella principessa. Qual uomo al giorno d’oggi accetterebbe la compagnia di un amore non subito coinvolgente, ma che chiede la fedele e quotidiana cura nel condividere un destino strano eppure reale? Ci sono questi uomini e il principe ne è la prova. Nella sua fedeltà e rischio della sua immagine della felicità troverà una bellezza nuova e inaspettata nella futura sposa e sarà fiero di avere accanto una donna bellissima e affidabile nella cura di quel regno che è tanto suo quanto di lei.

Mi piace dopo il laboratorio riascoltare le rime ripetute durante la storia (la maggior parte dei bambini le ricorda) e chiedere “Ma voi l’avreste sposata una rana??”

Qui sotto la fiaba integrale